25/05/13

La Francia deve farsi carico dello smantellamento dell’Euro

La seconda parte dell'articolo dei tre economisti europei pubblicato da Bloomberg considera come si potrebbe avviare un percorso di smantellamento e individua la Francia come paese cruciale per l'exit strategy.



Traduzione di Alex
di Brigitte Granville, Hans-Olaf Henkel and Stefan Kawalec - La Francia ha contribuito in modo decisivo alla costruzione  non solo del sistema dell'euro, ma dell'intero progetto europeo.  Di conseguenza ciò ha fatto sì che i leader francesi agissero nel senso di preservare l'euro a tutti i costi.  Costi, che  come abbiamo spiegato nella Parte 1 di questo articolo, sono diventati alquanto insopportabili.  Si rende quindi necessaria una nuova strategia, e nel definirla  il ruolo guida della Francia risulterà  ancora una volta fondamentale.





Nell’Eurozona la Francia si trova al limite   tra i paesi in deficit e paesi in Surplus. Possiede  un vasto e costoso sistema di   welfare, con dei servizi pubblici di alta qualità, spesso definiti come il modello francese,  sistema  che si basa su di un consenso profondo e sentito da parte dei cittadini. Ma a differenza dei paesi scandinavi, che pure sono orientati ad un sistema di  costoso welfare, quello francese è stato finanziato non da un alto livello di tassazione sul reddito e sulla spesa, ma da onerose tasse sull’occupazione (in particolare attraverso i contributi previdenziali dei datori di lavoro), sui capitali,  e con un  pesante indebitamento pubblico.


Il debito pubblico nel 2012 è salito a circa il 90 per cento, da circa il 64 per cento che era nel 2007. Questo insistere sulla tassazione del lavoro si spiega in quanto costituisce  il percorso di minor resistenza politica.   Così facendo si dà l'illusione che lo  stato sociale venga finanziato dalle imprese e  non dai cittadini.  L'idea che la tassazione delle aziende sia un modo indolore per finanziare il welfare e i  servizi pubblici ha prodotto  una cronica  elevata disoccupazione, una crescita debole, ha  eroso la competitività  e condotto il tenore di vita, nel migliore dei casi,  alla stagnazione.

Un'Eccessiva Regolamentazione Normativa

La  Ile-de-France [N.d.t. la regione francese con capoluogo Parigi], ha il più alto costo medio del lavoro in Europa. Il problema è  aggravato dall’eccesso di regolamentazione – sia sul lavoro che sul   mercato dei beni e dei servizi. Il controllo su trasporti, servizi professionali e rivenditori è molto più pesante in Francia che in molti altri paesi ricchi.  Con il risultato di avere maggiori costi e  prezzi più alti. 

Questi oneri soffocano  l'imprenditorialità. L’offensiva fiscale del presidente Francois Hollande nei confronti degli alti redditi, dividendi, plusvalenze e ricchezza non aiuta. La fiducia negli affari  sta rapidamente crollando. Negli ultimi dieci anni, la quota di esportazioni della Francia è diminuita. Il paese si trova in deficit  delle partite correnti.
 

L'economia francese ha bisogno di uno  "shock dal lato dell'offerta".  In questo consisteva la raccomandazione contenuta in una relazione dell’anno scorso  di Louis Gallois - un leader industriale  di sinistra.  Al posto di effettuare  importanti  e permanenti tagli ai contributi al welfare da parte delle imprese sollecitati da Gallois, il governo ha annunciato un complicato sistema di crediti d'imposta temporanei,  subordinati al riutilizzo dei rimborsi a fini di  investimento  e nuove assunzioni di  lavoratori. Questo approccio non è in grado di correggere  le annose e gravi distorsioni del sistema fiscale. In ogni caso, la complessità della proposta implica che le aziende non trarranno alcun beneficio  fino al 2014-15.


Nel mese di gennaio, i datori di lavoro e sindacati hanno firmato un accordo che alleggerisce la regolamentazione del lavoro e offre alle imprese maggiore flessibilità nel ridurre l'orario di lavoro ed i salari in cambio della conservazione dei posti di  lavoro.
 

Questo è già qualcosa,  ma la maggior parte delle ulteriori nuove misure per stimolare la competitività si riducono a nuove forme di dirigismo. Per contro, invece, la Francia avrebbe  bisogno di fondamentali riforme strutturali [N.d.t. Ahia! Ho sentito una fitta al fegato…]  - di una minore spesa pubblica [N.d.t. …bbbrrutttta], e di uno spostamento della tassazione dal fronte lavoro al fronte dei consumi.


Ma c'è un problema - ed è un grande problema. L'effetto immediato di un tale programma sarebbe di indebolire  la domanda interna e rallentare la crescita economica. Occorrerebbe quindi attivare anche degli  “Stimoli alla domanda”.
  

Il governo potrebbe far ciò  da un lato  allentando nel breve termine la politica di bilancio e dall’altro stimolando la  domanda estera attraverso la svalutazione  della moneta.  Ma nell’attuale sistema Euro ciò non è possibile: infatti, da un lato le regole sul  deficit vincolano  la politica fiscale, e  dell’altro la Francia non ha più una moneta propria da svalutare. Dal momento che altre strade non ve ne sono,  finirà che sarà il sistema euro stesso a dover cedere il passo.

L’Uscita della Germania


Per la Francia e per il sistema dell'euro nel suo insieme, la strategia migliore sarebbe  quella di smantellare l'Unione monetaria dall'alto - tramite l'uscita della Germania e degli altri paesi più competitivi. La conseguente rivalutazione della nuova moneta tedesca migliorerebbe le  bilance commerciali dei paesi in disavanzo. 

In alcuni casi, si renderebbero comunque necessarie operazioni di  cancellazione del debito,  ma l’entità dell’impatto ed i costi per i creditori sarebbero contenuti, in quanto lo smantellamento della moneta unica stimolerebbe  la crescita dei paesi in deficit.  I paesi in surplus dovrebbero ricapitalizzare le loro banche per fare fronte alle perdite subite a causa di eventuali cancellazioni del  debito, in modo tale che uscire dal sistema non significherebbe  abbandonare i paesi in crisi. La differenza sarebbe  che, dopo lo scioglimento, la loro assistenza potrebbe contribuire a rimettere i paesi in deficit sulla via del risanamento, mentre i salvataggi attuali portano solo in  un vicolo cieco. 

La Banca centrale europea dovrebbe adoperarsi nel  mantenere la credibilità e la fiducia nel corso dello smantellamento controllato dell'euro. La BCE,  almeno per qualche tempo, potrebbe essere mantenuta in qualità di banca centrale responsabile della politica monetaria in tutti i 17 paesi membri, anche dopo il ritorno di alcuni paesi  alle valute nazionali. 
 
Ciò faciliterebbe un forte coordinamento delle politiche tra gli ex membri, facendo passare l’idea  che più che una frantumazione, si tratterebbe  di una trasformazione effettuata ordinatamente e  sotto il controllo della istituzione europea più rispettata e credibile.


Molti osservatori ammettono che l'euro è stato un errore, ma parimenti non credono vi sia la possibilità di recedere.  Essi ritengono che la dissoluzione dell'unione monetaria porterebbe al caos economico, prima in Europa e poi in tutto il mondo. I leader europei hanno inoltre paura che il tornare sui propri passi darebbe  anche un colpo mortale alla grande causa dell'integrazione europea e potrebbe essere l'inizio della fine della UE e del mercato unico. Sono questi i timori che spingono a perseverare in quella  che consideriamo una  disastrosa strategia di difesa  dell’Euro a tutti i costi.


Sebbene  una dissoluzione  controllata del sistema euro dovuta all’uscita  dei paesi più competitivi sia il modo più efficace per aiutare i paesi in deficit, essa si configura sostanzialmente come una decisione unilaterale,  dei  Forti di abbandonare i Deboli. La passata Storia europea rende difficile per i leader della Germania avviare un simile percorso. 


Salvaguardare la  Francia


Nell’intraprendere eventuali iniziative in tal senso, i paesi in deficit, alle prese con la recessione e le divisioni politiche interne, nel tentativo  di ottenere migliori condizioni di assistenza dal resto dell'UE, potrebbero avere paura di peggiorare la loro posizione negoziale. Le Istituzioni europee, come la Commissione europea e la BCE, non possono patrocinare la soluzione che proponiamo. 
 

Viceversa se la proposta venisse avanzata  dalla  leadership francese,  la cosa  potrebbe funzionare - e potrebbe essere anche l'unica cosa da fare.  Per più di 50 anni la Francia ha svolto un ruolo di primo piano nell'integrazione europea. Si può dire che l’Euro sia per molti aspetti un prodotto Francese.


Nel 1990, il presidente Francois Mitterrand si guadagnò  il sostegno alla moneta unica da parte del cancelliere Helmut Kohl in cambio della accettazione Francese alla riunificazione Tedesca. Convincere la Germania ad abbandonare il marco, la cui forza aveva di fatto dato alla Bundesbank il controllo della politica monetaria in tutta l'Europa, è stato un notevole successo francese - o almeno così pensavano i Francesi.


L'euro era visto come la pietra angolare dell'edificio di integrazione europea. La crisi finanziaria e le sue conseguenze hanno viceversa dimostrato che l'euro ha in sè il potenziale di distruggere l'intero progetto. Esso impedisce le riforme necessarie per ristabilire la competitività internazionale della Francia, competitività attualmente  in dissolvimento. Mantenere l'attuale sistema euro a tutti i costi, finirà per  paralizzare l'economia francese, annullarne  la coesione sociale, e indebolirne la posizione in Europa e nel mondo. 
 

In qualità di padre fondatore dell'Europa, solo la Francia ha l’autorevolezza necessaria per poter sostenere con successo una strategia di smantellamento del sistema dell'euro per il bene stesso dell'Unione europea. L'alternativa è  il fallimento economico, divisioni più profonde e amari rancori  tra le nazioni d'Europa, mettendo così a rischio le più preziose conquiste dell'integrazione europea. In un modo o nell’altro, l'Europa si dividerà. 

Resta solo da capire se verrà spazzata via completamente o solo in parte. Smantellare  l'euro nel  modo che noi proponiamo è di vitale importanza al fine di garantire la sopravvivenza dell'idea europea.



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Brigitte Granville insegna Economia Internazionale e Politica economica alla School of Business and Management della Queen Mary University di Londra. Hans-Olaf Henkel è professore di international management alla University of Mannheim ed ex presidente della Federation of German Industries. Stefan Kawalec è chief executive officer di Capital Strategy ed ex vice vice ministro delle finanze in Polonia.
I tre auori sono firmatari del Manifesto di solidarietà europea




5 commenti:

  1. Grande Alex ! Grazie per la traduzione, io provvederò a diffonderla via Twitter
    ;-)

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  2. ci sono molte inesattezze, incongruenze o visioni di parte in questo pezzo. fino al quasi comico "i leader tedeschi non possono proporre un'uscita perchè non vogliono passare come dei forti che abbandonano i deboli".

    c'è troppo politically correct per i miei gusti.

    ma capisco che per i soloni europei che ci governano pure queste parole possono essere rivoluzionarie.

    per cui avanti verso la causa che, almeno nel suo primo step, dovrebbe essere comune al 99% degli europei: la dissoluzione ordinata dell'euro.

    al resto penseremo dopo.

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  3. @Luca
    Io però non l'ho letta così come la leggi tu! Figurati se a dei teorici dell'Anschluss gli frega qualche cosa di abbandonare i deboli. Li abbandonano se e solo se gli conviene e comunque non certo mitigando le conseguenze, se non per loro stessi.

    Questi, quasi fossero dei Pëtr Petròviè Lùžin, HANNO BISOGNO della loro Nobile ma povera (ed è ESSENZIALE che resti povera) Dùneèka/Italia! (Hint:Delitto e Castigo).

    Sono altri gli aspetti di questoi articolo che, per quello che ho inteso, lasciano perplesso di questa proposta (Per esempio, i Francesi guidano lo smantellamento? Ma i Francesi chi? Hollande? Certo come no, aspetta e spera...)

    Alberto Bagnai chiarisce molto bene come suo solito, il punto di forza del discorso di GH&K: cioè il fatto che anche per questi autori l'ostacolo che è NECESSARIO rimuovere è la moneta unica. (Attenzione: trattasi di Condizione negativa della verità cioé NECESSARIO MA NON SUFFICIENTE. Prego astenersi quelli del "Eh ma allora dici che Basterebbe uscire dall'Euro...")

    Trovi tutto sul suo blog, che peraltro tu già frequenti, nei commenti al "manifesto", naturalmente quello che lui ha firmato a Gennaio "di Solidarietà Europea" assieme, tra gli altri, a GH&K; quindi non il "manifesto" inteso come il "Manuale delle giovani marmotte- daily edition" del Giancarlo Cuggiani (che peraltro aveva sottobraccio l'Unità...Hint: Articolo31)

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    1. concordo con te, ma infatti ho detto che segnalavo solo l'inesattezza più evidente ai miei occhi mica l'unica.

      come capisco che sia il momento di federarsi con le forze che hanno a cuore un esito differente per l'eurodisastro di quello che si profila all'orizzonte.

      anche se mi sarà permesso storcere il naso quando, dopo esser stato bersaglio come italiano di insulti e denigrazioni spesso gratuite (anche e soprattutto da parte dei miei connazionali), mi tocca leggere certe cose come le "politiche di gestione delle finanze più prudenziali del nord europa" del Manifesto...

      ma del resto non siamo in cerca di soddisfazione personale: siamo in guerra.

      e in guerra si lotta per l'obiettivo comune prima di tutto. e finalmente ne abbiamo uno.

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  4. "L'economia francese ha bisogno di uno "shock dal lato dell'offerta". In questo consisteva la raccomandazione contenuta in una relazione dell’anno scorso di Louis Gallois - un leader industriale di sinistra."

    Dalle nostre parti, magari del Lingotto, si sarebbe chiamato "leader industriale progressista" che, pur non volendo dire un beneamato, direi fa molto più figo...

    Circa l'analisi dei problemi dell'economia francese (e fin lì) e le ricette per renderla "più competitiva" ho notato una sconvolgente analogia tra l'articolo dei due firmatari l'appello ESM e i documenti della Commissione Europea prodotti nell'ambito del Semestre Europeo, in particolare la Procedura preventiva/correttiva degli squilibri macroeconomici (MIP, si veda In-depth review del 10 aprile 2013). Io non sono un tecnico e non mi esprimo nel merito, ma visto che nell'esame approfondito per l'Italia noto proprio trasudare la pura ideologia del pensiero unico (così strenuamente combattuta dal prof Bagnai - ora comunque capisco il suo riferimento alla tendenza supply-side del Manifesto), se tanto mi dà tanto... bè, mi concederete di avere paura!

    Naturalmente la differenza più evidente (e ci mancherebbe!) sta nello stimolare "la domanda estera attraverso la svalutazione della moneta" piuttosto che nella svalutazione dei salari... e non è poco, è moltissimo, ma pare di leggere tra le righe "signori, sarebbe una misura straordinaria, poi occhio che si ricomincia col business as usual".

    (imho, ma sicuramente sbaglio)

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